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Traccia | Fattispecie | Istituti | Giurisprudenza | Svolgimento | Conclusioni | Video-correzione |
Traccia
Tizio, Mevio e Caio sono amici di lunga data e, per porre rimedio ad uno sgarbo subito dal loro coetaneo Sempronio, noto per il suo carattere polemico e attaccabrighe - lo vanno a cercare per un incontro chiarificatore.
I tre, che ad ogni buon conto si muniscono di bastoni, si recano da Sempronio presso un locale del centro. Quest'ultimo, per nulla intimorito dalla loro presenza, inizia ad offendere Caio e ciò, inevitabilmente, cagiona la reazione degli amici, che danno inizio ad una colluttazione.
In particolare, Tizio e Mevio, per difendersi dai colpi sferrati da Sempronio, utilizzano i bastoni procuratisi in precedenza, mentre Caio, inaspettatamente, estrae una pistola e spara due colpi, uno dei quali raggiunge Sempronio alla testa uccidendolo.
I tre amici si danno alla fuga ma Mevio, sconvolto per quanto accaduto, al fine di attirare i sospetti sul solo Caio, si precipita presso un terreno di proprietà della famiglia di quest’ultimo, in cui, oltre ad una cospicua vegetazione, è presente anche un allevamento di cavalli da corsa. Giunto sul posto, egli appicca il fuoco e, a seguito di ciò, tutto il raccolto viene perduto e periscono anche gli animali ivi presenti.
I carabinieri, allertati immediatamente, sopraggiungono ed individuano subito Mevio.
Una volta ricostruita l’intera vicenda, viene aperto un procedimento penale a carico dei tre giovani e questi contattano un medesimo legale al fine di verificare la rilevanza penale delle loro azioni.
Il candidato, assunte le vesti del legale dei tre ragazzi, premessi brevi cenni sugli istituti giuridici sottesi, rediga un parere motivato sulla vicenda.
Fattispecie
In tema di concorso di persone nel reato, la responsabilità del compartecipe ex art. 116 c.p. può essere configurata solo quando l'evento diverso non sia stato voluto neppure sotto il profilo del dolo indiretto (indeterminato, alternativo od eventuale).
Istituti
- Art. 588 c.p. (Rissa);
- Art. 575 c.p. (Omicidio);
- Art. 116 c.p. (Reato diverso da quello voluto da taluno dei concorrenti);
- Art. 423 c.p. (Incendio);
- Art. 544 bis c.p. (Uccisione di animali).
Giurisprudenza
- Cassazione penale, sez. V, 04 febbraio 2020, n. 8449. (v. Codice Civile Giuffrè Francis Lefebvre annotato con la Giurisprudenza 2020; Art. 544-bis – par. 4, p. 1661). In tema di delitti contro il sentimento per gli animali, è configurabile l'ipotesi di cui all'art. 544-ter, comma 3, c.p. quando la morte dell'animale, ancorché costituisca una conseguenza prevedibile della condotta dell'agente, non sia riferibile ad un suo comportamento volontario e consapevole, mentre ricorre la fattispecie di cui all'art. 544-bis c.p. quando si accerti che l'agente ha agito con la volontà, diretta o anche solo eventuale, di cagionare la morte dell'animale.
- Cassazione penale, sez. V, 14 luglio 2020, n.25221. Ai fini del concorso in omicidio volontario, è sufficiente un contributo limitato alla sola fase preparatoria e di organizzazione logistica del reato materialmente commesso da altri concorrenti, non essendo necessario che il concorrente sia informato sull'identità di chi agirà, sulle modalità esecutive della condotta e sull'identità della vittima, purché vi sia la consapevolezza da parte sua che la propria azione si iscriva in un progetto delittuoso finalizzato alla realizzazione di un omicidio, la cui ideazione ed esecuzione è affidata ad altri ovvero, in alternativa, in un piano delittuoso lo sbocco del quale, rappresentato dall'evento letale, sia solo una eventuale e possibile conseguenza dell'azione concordata, il cui verificarsi, tuttavia, è accettato dal concorrente come un rischio possibile, che non gli impedisce di fornire il suo contributo materiale alla realizzazione del progetto.
- Cassazione penale, sez. V, 02 ottobre 2019, n. 45356. (v. Codice Civile Giuffrè Francis Lefebvre annotato con la Giurisprudenza 2020; Art. 116 – par. 8, p. 499). La configurabilità per il reato di rissa aggravata da lesioni o morte non esclude, a carico dei corrissanti non autori materiali né morali della lesione o dell'omicidio, la concorrente responsabilità, a titolo di concorso anomalo ex art. 116 c.p. per questi ulteriori delitti, a condizione che le caratteristiche della contesa consentissero di prevedere tali sviluppi. (Fattispecie di rissa aggravata da lesioni, in relazione alla quale la Corte, annullando con rinvio la sentenza di condanna, ha indicato la necessità di chiarire se la contesa fosse caratterizzata sin dal suo esordio da reciproci intenti lesivi, potendosi soltanto in tal caso configurare automaticamente la responsabilità, a titolo di concorso anomalo, dei corrissanti non autori del fatto lesivo, mentre, laddove si fosse trattato di uno scontro puramente verbale, degenerato in aggressione fisica a seguito dell'occasionale rinvenimento di un'arma impropria, l'affermazione della responsabilità ex art. 116 c.p. avrebbe richiesto un accertamento della prevedibilità in concreto dell'evento ulteriore, da svolgersi attraverso l'esame delle modalità dell'azione e di tutte le circostanze rilevanti del fatto).
- Cassazione penale, sez. I, 17 magio 2019, n. 29294. (v. Codice Civile Giuffrè Francis Lefebvre annotato con la Giurisprudenza 2020; Art. 423 – par. 5, p. 1364). I delitti di incendio e di danneggiamento seguito da incendio si distinguono in relazione all'elemento psicologico in quanto mentre il primo è connotato dal dolo generico, ovvero dalla volontà di cagionare l'evento con fiamme che, per le loro caratteristiche e la loro violenza, tendono a propagarsi in modo da creare un effettivo pericolo per la pubblica incolumità, il secondo è connotato dal dolo specifico di danneggiare la cosa altrui, senza la previsione che ne deriverà un incendio con le caratteristiche prima indicate o il pericolo di siffatto evento.
- Cassazione penale, sez. II, 30 giugno 2016, n. 31889. In tema di concorso di persone nel reato, la responsabilità del compartecipe ex art. 116 c.p. può essere configurata solo quando l'evento diverso non sia stato voluto neppure sotto il profilo del dolo indiretto (indeterminato, alternativo od eventuale) e, dunque, a condizione che non sia stato considerato come possibile conseguenza ulteriore o diversa della condotta criminosa concordata.
- Cassazione penale, sez. I, 16 dicembre 2015, n. 11938. Il reato di rissa aggravata ai sensi dell'art. 588 c.p., comma 2, concorre con i reati di lesioni personali e di omicidio riferibili al corissante autore degli ulteriori fatti.
- Cassazione penale, sez. I, 15 settembre 2015, n. 45546. Perchè si possa configurare il delitto di incendio, di cui all'art. 423 c.p., non occorre che si accerti la forza distruttrice delle fiamme, essendo sufficiente che il fuoco tenda a diffondersi e non sia facile lo spegnimento; inoltre, è necessaria la volontà di cagionare l'evento, sapendo che il fuoco appiccato ha le caratteristiche dell'incendio.
Svolgimento
Al fine di verificare la rilevanza penale delle condotte poste in essere da Tizio, Mevio e Caio, è opportuno, in primo luogo, analizzare l'art. 588 c.p., rubricato “Rissa”, il quale, al primo comma, prevede che “Chiunque partecipa a una rissa è punito con la multa fino a 2.000,00 euro”.
Il secondo comma dispone, peraltro, che “Se nella rissa taluno rimane ucciso, o riporta lesione personale, la pena, per il solo fatto della partecipazione alla rissa, è della reclusione da sei mesi a sei anni. La stessa pena si applica se la uccisione, o la lesione personale, avviene immediatamente dopo la rissa e in conseguenza di essa”.
Il bene giuridico tutelato dalla norma coincide con quello della vita o dell’incolumità individuale dei rissanti e dei terzi estranei, esposti a pericolo per il fatto stesso della rissa.
Circa l’elemento materiale, il reato di rissa ricorre ogniqualvolta tre o più persone intervengono in una mischia violenta, tutte animate dal duplice intento di recare offesa agli avversari e di difendersi dalla violenza di costoro.
Ciò che ne deriva è una reciproca azione aggressiva esercitata da gruppi tra loro contrapposti al fine di sopraffarsi a vicenda.
Quanto all’elemento psicologico, è necessario il dolo generico, consistente nella coscienza e volontà di partecipare alla contesa con animo offensivo.
Tanto chiarito, per quanto maggiormente rileva nel caso che ci occupa, appare doveroso, proseguendo nella disamina del predetto delitto, concentrarsi sull’ esegesi del comma 2 del predetto articolo.
Ebbene, è di immediata evidenza come il legislatore abbia voluto aggravare la pena nell'ipotesi in cui dalla rissa derivi poi l'uccisione o la lesione personale di una persona.
Nella specie, è indubbio che le condotte di Tizio, Mevio e Caio debbano essere ricondotte nell'alveo del delitto di rissa, atteso che gli stessi hanno partecipato alla colluttazione con Sempronio con la rappresentazione e volontà di recare un'offesa al medesimo.
Il rilievo, poi, per cui Caio abbia estratto la pistola ed abbia ucciso il ragazzo, induce a ritenere fin da subito applicabile nei confronti dell'uccisore l'aggravante di cui al comma secondo, posto che la morte è stata conseguenza diretta della rissa.
Tanto specificato, occorre, ora, verificare se al ragazzo possa essere addebitato anche il reato di omicidio previsto dall'art. 575 c.p., ai sensi del quale “Chiunque cagiona la morte di un uomo è punito con la reclusione non inferiore ad anni ventuno”.
Il delitto de quo è, evidentemente, tutela il bene primario della vita, la cui protezione risponde ad un interesse non solo dell'individuo, ma anche della collettività.
Con particolare riguardo al profilo materiale, trattasi di un reato a forma libera, idoneo a determinare la morte di un uomo.
Circa l’elemento soggettivo, ai fini della configurabilità del delitto ex art. 575 c.p. occorre che sussista il dolo generico, ossia la consapevolezza e volontà di cagionare la morte di un uomo, a prescindere dalla finalità perseguita.
Orbene, declinando quanto detto al caso in esame, è ragionevole ritenere che il comportamento serbato da Caio integri perfettamente gli elementi costitutivi del reato di omicidio doloso, giacché lo stesso ha ucciso Sempronio con la rappresentazione e volontà di togliergli la vita.
Nessun dubbio sorge in ordine all’ammissibilità del concorso formale tra il reato di rissa e quello di omicidio ex art. 575 c.p.
Detto ciò, e accertato che Caio risponderà tanto della fattispecie aggravata del reato di rissa, quanto della fattispecie delittuosa di omicidio, è opportuno ora valutare se dei predetti delitti possano essere chiamati a rispondere anche Tizio e Mevio.
Al riguardo, giova qui riportare quanto disposto ai sensi e per gli effetti dell'art. 116 c.p., in base al quale “Qualora il reato commesso sia diverso da quello voluto da taluno dei concorrenti, anche questi ne risponde, se l'evento è conseguenza della sua azione od omissione.
Se il reato commesso è più grave di quello voluto, la pena è diminuita riguardo a chi volle il reato meno grave” .
La disposizione di cui sopra disciplina una particolare forma di concorso, comunemente chiamata “concorso anomalo”. Essa ricorre tutte le volte in cui il reato effettivamente commesso, diverso e più grave di quello voluto dal compartecipe, costituisca uno sviluppo logicamente prevedibile quale possibile conseguenza della condotta concordata da parte di un soggetto di normale intelligenza e cultura media.
In tali ipotesi, anche il correo risponderà del reato più grave, ma la pena sarà diminuita.
La differenza con l’ipotesi di concorso disciplinata dall’art. 110 c.p., secondo cui tutti i partecipanti al reato con azioni o contributi morali soggiacciono alla stessa pena, va ravvisata nel volizione del reato diverso sotto il profilo del dolo alternativo o eventuale.
Ed infatti, nell’ipotesi in cui l'agente abbia accettato il rischio del verificarsi di un reato diverso, in tal caso troverà applicazione la fattispecie ex art. 110 c.p.. In caso contrario, troverà applicazione l'istituto previsto dall'art. 116 c.p.
Ciò é quanto ha ribadito recentemente la Suprema Corte di Cassazione che, in un caso analogo a quello in esame, ha così statuito: “La configurabilità per il reato di rissa aggravata da lesioni o morte non esclude, a carico dei corrissanti non autori materiali né morali della lesione o dell'omicidio, la concorrente responsabilità, a titolo di concorso anomalo ex art. 116 c.p. per questi ulteriori delitti, a condizione che le caratteristiche della contesa consentissero di prevedere tali sviluppi. (Fattispecie di rissa aggravata da lesioni, in relazione alla quale la Corte, annullando con rinvio la sentenza di condanna, ha indicato la necessità di chiarire se la contesa fosse caratterizzata sin dal suo esordio da reciproci intenti lesivi, potendosi soltanto in tal caso configurare automaticamente la responsabilità, a titolo di concorso anomalo, dei corrissanti non autori del fatto lesivo, mentre, laddove si fosse trattato di uno scontro puramente verbale, degenerato in aggressione fisica a seguito dell'occasionale rinvenimento di un'arma impropria, l'affermazione della responsabilità ex art. 116 c.p. avrebbe richiesto un accertamento della prevedibilità in concreto dell'evento ulteriore, da svolgersi attraverso l'esame delle modalità dell'azione e di tutte le circostanze rilevanti del fatto).” (Cass. pen., sez. V, 02 ottobre 2019, n. 45356.).
Dunque, appare del tutto evidente che i due giovani, Tizio e Mevio, debbano ritenersi responsabili non solo della rissa nella sua forma aggravata, ma anche dell'omicidio cagionato da Caio, atteso che, alla luce dell’intera dinamica in cui si sono svolti i fatti, non potevano e non avrebbero dovuto sottovalutare che l'uccisore potesse deviare l'azione principale e giungere fino all'omicidio del ragazzo.
Tanto chiarito, proseguendo oltre e concentrando l’attenzione sull’ulteriore condotta integrata da Mevio, è necessario qui riportare il dettato normativo dell'art. 423, comma 1, c.p., a mente del quale “Chiunque cagiona un incendio è punito con la reclusione da tre a sette anni”.
Il delitto de quo mira a salvaguardare l'incolumità pubblica.
Sotto il profilo materiale, esso si configura ogniqualvolta l'agente appicchi un fuoco che, per le sue caratteristiche, possa essere qualificato come incendio. Perché ciò sia possibile, occorre che il fuoco divampi irrefrenabile, in vaste proporzioni, con fiamme divoratrici che si propaghino con potenza distruttrice tale da porre in pericolo l'incolumità di un numero indeterminato di persone.
Quanto all'elemento psicologico, il reato in esame è caratterizzato dal dolo generico, ossia la volontà di cagionare l'evento con fiamme che, per le loro caratteristiche e la loro violenza, tendono a propagarsi in modo da creare un effettivo pericolo per la pubblica incolumità.
Ebbene, osservando la condotta tenuta da Mevio, non vi è alcun dubbio che lo stesso, con coscienza e volontà, abbia posto in essere il reato di incendio, atteso che il medesimo ha appiccato un fuoco di vaste proporzioni, con fiamme volte a propagarsi con potenza distruttrice, di per sé idoneo a cagionare la morte di alcuni animali ivi presenti.
Ne deriva l'effettiva riconducibilità della sua azione entro i gli estremi della fattispecie delittuosa previsti dall'art. 423, comma 1, c.p.
Resta, infine, da verificare, se l'uccisione degli animali a seguito dell'incendio possa determinare un ulteriore addebito penale in capo al giovane.
A tal proposito, è doveroso introdurre l’analisi dell'art. 544-bis c.p., in base al quale “Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona la morte di un animale è punito con la reclusione da quattro mesi a due anni”.
Il delitto testé citato, integrante un reato comune, avente ad oggetto la salvaguardia dell’interesse statale alla tutela del sentimento per gli animali.
Esso postula, con specifico riguardo all'elemento materiale, una condotta, anche omissiva, che per crudeltà o senza necessità cagioni la morte di un animale.
In merito, invece, all'elemento soggettivo, è richiesto il dolo generico, ossia rappresentazione cosciente e volontà di uccidere un animale.
Orbene, vagliando l'azione compiuta da Mevio, nessun dubbio può porsi in merito alla sua riconducibilità nella dimensione astratta del delitto citato. Questi, infatti, all'atto dell'accensione del fuoco era a conoscenza della presenza di animali nel terreno.
Come tale, l'uccisione degli animali costituisce esternazione dei suoi moti dell'anima tesi a provocare, oltre all'incendio, anche la conseguente morte degli animali.
Ne consegue, quindi, che lo stesso debba ritenersi responsabile anche del reato ex art. 544-bis c.p.
Conclusioni
In conclusione, Caio risponderà dei delitti di cui agli artt. 588, comma 2, e 575 c.p.
Tizio e Mevio risponderanno saranno chiamati a rispondere penalmente per la violazione degli artt. 116, 588, comma 2, e 575 c.p.
Infine, il solo Mevio potrà dirsi penalmente responsabile per i delitti di cui agli artt. 423 e 544-bis c.p.
Video-correzione