Premessi brevi cenni sull’accertamento della recidiva e della sua rilevanza ai fini del computo del tempo necessario a prescrivere il reato, il candidato rediga motivato parere...
Va premesso che la recidiva (art. 99, commi II, III, IV, c.p.) è circostanza aggravante ad effetto speciale che incide sulla determinazione del tempo necessario a prescrivere il reato. Questa deve essere obbligatoriamente contestata; il carattere facoltativo è nel senso che il Giudice deve ritenerla sussistente non in base ad una meccanicistica applicazione dei c.d. “precedenti”, ma deve rendere adeguata motivazione con la quale dar conto che l’ulteriore reato è espressione di un aggravamento della pericolosità sociale del reo. Il mancato riconoscimento della recidiva genera effetti sulla determinazione della prescrizione (ex art. 157 III comma c.p.). Riconosciuta quindi l’esistenza della recidiva, nel caso concreto il Giudice potrà procedere al giudizio di bilanciamento tra circostanze, secondo la disciplina prevista dall’art. 69 c.p.
In concreto, si è posto il problema se l’apprezzamento dei precedenti penali dell’imputato sia valorizzabile ai fini della negazione delle attenuanti generiche, e se ciò costituisca un implicito riconoscimento della recidiva con relativa incidenza sulla determinazione del tempo di prescrizione. Di recente, le Sezioni Unite hanno dato risposta negativa, affermando che se da un lato è ben possibile per il Giudice dare valore al vissuto giudiziario dell’imputato ai fini della negazione delle attenuanti generiche, ciò nondimeno tale giudizio non può costituire un riconoscimento implicito della recidiva, con conseguente incidenza sulla prescrizione, essendo sì indispensabile il giudizio sulla pericolosità sociale dell’imputato nei termini anzidetti.
Di Avv. Chiara Ponti