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Traccia | Fattispecie | Giurisprudenza | Svolgimento | Conclusioni |
Traccia
Caio, dirigente scolastico dell’Istituto comprensivo della città Alfa, è particolarmente attratto dall’insegnante di italiano Mevia.
Pertanto, approfittando dei poteri al medesimo attribuiti e della posizione rivestita, al fine di costringere l’insegnante a concedergli indebitamente favori di natura sessuale, proferisce costantemente nei suoi confronti espressioni denigratorie e offensive e le prospetta un peggioramento della condizione lavorativa, consistente nello svolgimento unicamente della attività di supplenza durante le ferie degli insegnanti di ruolo.
Mevia, nonostante le condotte perduranti e insistenti, nel timore che la sua reputazione possa essere infangata, non si piega al volere del dirigente scolastico.
Infatti, stanca e frustrata della situazione, una mattina, al termine della lezione si reca presso la stazione dei Carabinieri di Alfa per denunciare quanto quotidianamente è costretta a subire sul luogo di lavoro.
Caio, dunque, si reca dal proprio legale di fiducia affinché verifichi se la propria condotta abbia una qualche rilevanza penale.
Il candidato, assunte le vesti del legale del dirigente scolastico, premessi brevi cenni sugli istituti giuridici sottesi, rediga un parere motivato sulla vicenda.
Fattispecie
In materia di concussione, rientrano nella nozione di “utilità” i favori sessuali, in quanto rappresentano anch’essi un vantaggio per il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio che ne ottenga la promessa o la effettiva prestazione.
Istituti
- Art. 317 c.p. (Concussione)
- Art. 357 c.p. (Nozione del pubblico ufficiale)
- Art. 358 c.p. (Nozione della persona incaricata di un pubblico servizio)
- Art. 43 c.p. (Elemento psicologico del reato)
- Art. 56 c.p. (Delitto tentato)
Giurisprudenza
- Cass. pen., sez. VI, 5 marzo 2019, n. 13411. Integra il delitto di concussione e non quello di induzione indebita, la condotta del dirigente medico preposto ad eseguire le interruzioni di gravidanza, il quale, approfittando della grave compressione della libertà di autodeterminazione delle vittime e palesando l'insussistente impossibilità di eseguire gli interventi presso la struttura pubblica, prospetti quale unica alternativa l'illecita esecuzione degli aborti presso il suo studio privato previo versamento di un corrispettivo in danaro.
- Cass. pen., sez. VI, 15 maggio 2018, n. 38544. Bene è ritenuto configurabile il reato di concussione (art. 317 c.p.), sussistendo tanto l'abuso della qualità e dei poteri di pubblico ufficiale da parte dell'agente quanto la costrizione della vittima alla promessa di una indebita utilità, nel caso di un funzionario di polizia il quale, dopo aver disposto l'effettuazione, ad opera di suoi sottoposti, di un controllo nei confronti di un cittadino, senza che ve ne fosse obiettiva necessità, sia intervenuto nel corso dell'operazione ed abbia ottenuto dallo stesso cittadino, mediante minaccia di sparargli e di farlo sottoporre in futuro a continui controlli domiciliari, la promessa di interrompere ogni contatto con una terza persona cui l'agente medesimo era stato in passato legato da una relazione sentimentale.
- Cass. pen., sez. VI, 13 novembre 2015, n. 48920. Ai fini della configurabilità del delitto di concussione, i favori sessuali rientrano nella nozione di "utilità", dovendosi ritenere che gli stessi rappresentano comunque un vantaggio per il pubblico funzionario che ne ottenga la promessa o la effettiva prestazione.
- Cass. pen., sez. VI, 3 novembre 2015, n. 45468. Il delitto di concussione rappresenta una fattispecie a duplice schema, nel senso che si perfeziona alternativamente con la promessa o con la dazione indebita per effetto dell'attività di costrizione o di induzione del pubblico ufficiale o dell'incaricato di pubblico servizio, sicché, se tali atti si susseguono, il momento consumativo si cristallizza nell'ultimo, venendo così a perdere di autonomia l'atto anteriore della promessa e concretizzandosi l'attività illecita con l'effettiva dazione, secondo un fenomeno assimilabile al reato progressivo.
- Cass. pen., sez. II, 24 settembre 2015, n. 40912. Per la configurabilità del tentativo rilevano non solo gli atti esecutivi veri e propri, ma anche quegli atti che, pur classificabili come preparatori, facciano fondatamente ritenere che l'agente, avendo definitivamente approntato il piano criminoso in ogni dettaglio, abbia iniziato ad attuarlo, che l'azione abbia la significativa probabilità di conseguire l'obiettivo programmato e che il delitto sarà commesso, salvo il verificarsi di eventi non prevedibili indipendenti dalla volontà del reo.
Svolgimento
Nella vicenda prospettata, al fine di verificare se la condotta posta in essere da Caio ai danni dell’insegnante Mevia sia penalmente rilevante, occorre, in primo luogo, svolgere brevi cenni in ordine al delitto di cui all’art. 317 c.p., il quale, rubricato “Concussione”, stabilisce che “Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, costringe taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità, e' punito con la reclusione da sei a dodici anni.”.
Il bene giuridico tutelato è rappresentato dall’imparzialità e dal buon andamento della pubblica amministrazione; inoltre, come si evince dal dettato normativo, si tratta di un reato proprio in quanto può essere commesso unicamente dal pubblico ufficiale, con ciò intendendosi colui che esercita una pubblica funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa (art. 357 c.p.) o dall’ incaricato di un pubblico servizio. A tal riguardo, si precisa che, ai sensi dell’art. 357 c.p.: “sono incaricati di un pubblico servizio coloro i quali, a qualunque titolo, prestano un pubblico servizio”. Il comma 2 dispone, inoltre, che: “Per pubblico servizio deve intendersi un'attività disciplinata nelle stesse forme della pubblica funzione, ma caratterizzata dalla mancanza dei poteri tipici di questa ultima, e con esclusione dello svolgimento di semplici mansioni di ordine e della prestazione di opera meramente materiale”.
In particolare, e per quanto è di maggior rilievo in questa sede, non è superfluo evidenziare che ai fini dell’individuazione della qualifica di pubblico ufficiale occorre avere riguardo non tanto al rapporto di dipendenza tra il soggetto e la pubblica amministrazione quanto ai caratteri propri dell’attività in concreto svolta dal soggetto agente ed oggettivamente considerata.
Per quanto concerne il momento consumativo della fattispecie incriminatrice in questione, l’orientamento giurisprudenziale maggioritario è concorde nel ritenere che “Il delitto di concussione rappresenta una fattispecie a duplice schema, nel senso che si perfeziona alternativamente con la promessa o con la dazione indebita per effetto dell'attività di costrizione o di induzione del pubblico ufficiale o dell'incaricato di pubblico servizio, sicché, se tali atti si susseguono, il momento consumativo si cristallizza nell'ultimo, venendo così a perdere di autonomia l'atto anteriore della promessa e concretizzandosi l'attività illecita con l'effettiva dazione, secondo un fenomeno assimilabile al reato progressivo” (Cass. pen., sez. VI, 3 novembre 2015, n. 45468).
L’elemento materiale sussiste laddove il pubblico ufficiale, o l’incaricato di un pubblico servizio, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, costringa la vittima a dare o promettere denaro o altra utilità a lui o a un terzo indebitamente.
Orbene, mentre l’abuso di poteri è configurabile nei casi in cui il pubblico ufficiale faccia uso di poteri propri, perché attinenti alle funzioni esercitate, l’abuso di qualità è configurabile nell’ipotesi in cui gli atti in relazione ai quali è esercitata la condotta abusiva esulino dalla competenza funzionale del soggetto agente, che tuttavia fa valere la sua qualifica per conseguire la promessa o la dazione.
In merito alla condotta costrittiva, essa ricomprende qualunque violenza morale che si risolva nella prospettazione, esplicita o implicita, di un male ingiusto recante un danno patrimoniale o non patrimoniale.
E proprio il predetto aspetto rappresenta il discrimine tra il delitto di cui all’art. 317 c.p. e quello normativamente disciplinato dall’art. 319-quater c.p. (“Induzione indebita a dare o promettere denaro o altra utilità”), per la integrazione del quale è sufficiente una pressione di natura psichica più blanda della costrizione – persuasione, ostruzionismo, silenzio antidoveroso – che, sia pure non estrinsecandosi in minacce esplicite, convinca il privato a dare o promettere l’indebito.
L’elemento soggettivo è il dolo generico, ovvero la coscienza e volontà in capo al pubblico ufficiale o all’incaricato di un pubblico servizo di porre in essere la condotta sopra descritta, a prescindere dal perseguimento di uno scopo ben preciso.
Nel caso concreto, se non può escludersi che Caio abbia coscientemente e volontariamente abusato dei propri poteri al fine di costringere l’insegnante Mevia a concedergli dei favori sessuali, denigrandola costantemente e prospettandole il peggioramento delle mansioni svolte, è altrettanto vero che la stessa non abbia ceduto alle insistenti richieste dell’uomo.
Pertanto, deve ritenersi che il dirigente scolastico non si sia reso responsabile del delitto di cui all’art. 317 c.p., quantomeno nella forma consumata.
Tuttavia, occorre a questo punto verificare se la sua condotta sia idonea ad integrare il delitto de quo nella forma tentata.
A tal proposito, l’art. 56 c.p., rubricato “Delitto tentato”, stabilisce che “Chi compie atti idonei, diretti in modo non equivoco a commettere un delitto, risponde di delitto tentato, se l’azione non si compie o l’evento non si verifica”.
Esso non rappresenta una circostanza attenuante rispetto al reato consumato ma una figura autonoma di reato a sé stante, risultante dalla combinazione di due norme, una principale (di natura speciale) ed una secondaria (quella prevista dalla disposizione succitata).
L’idoneità degli atti richiesta dalla norma per l’integrazione del tentativo esprime l’esigenza che l’atto stesso abbia l’oggettiva attitudine ad inserirsi, quale condizione necessaria, nella sequenza causale ed operativa che conduce alla consumazione del delitto. L’univocità, invece, sussiste quando gli atti siano tali da denotare il proposito criminoso perseguito.
In altri termini, per la sussistenza del tentativo rilevano non solo gli atti esecutivi veri e propri, ma anche quegli atti che, pur classificabili come preparatori, facciano fondatamente ritenere che l'agente, avendo definitivamente approntato il piano criminoso in ogni dettaglio, abbia iniziato ad attuarlo, che l'azione abbia la significativa probabilità di conseguire l'obiettivo programmato e che il delitto sarà commesso (Cass. pen., sez. II, 24 settembre 2015, n. 40912).
Inoltre, è di fondamentale importanza che l’autore materiale agisca con la coscienza e volontà tipica del delitto consumato.
Ebbene, da quanto sopra premesso deve affermarsi che Caio si sia reso responsabile del delitto di cui all’art. 56 e 317 c.p.; invero, è incontrovertibile che gli atti dal medesimo realizzati siano stati idonei e diretti in modo non equivoco ad abusare dei suoi poteri al fine di costringere Mevia a concedergli dei favori sessuali. Fattispecie che non si è consumata per cause indipendenti dalla sua volontà.
Né varrebbe ad escludere il suo coinvolgimento la circostanza che gli stessi favori sessuali non rientrino nel concetto di “utilità” tassativamente richiesto dall’art. 317 c.p. per la sussistenza del reato.
Sul punto, infatti, la Suprema Corte di Cassazione, con una recente pronuncia, ha ribadito che “Ai fini della configurabilità del delitto di concussione, i favori sessuali rientrano nella nozione di "utilità", dovendosi ritenere che gli stessi rappresentano comunque un vantaggio per il pubblico funzionario che ne ottenga la promessa o la effettiva prestazione” (Cass. pen., sez. VI, 13 novembre 2015, n. 48920).
Conclusioni
In virtù del ragionamento svolto, pertanto, deve ritenersi che la condotta del dirigente scolastico non sia stata idonea a integrare il delitto consumato di cui all’art. 317 c.p.
Al riguardo, infatti, è incontestabile che la resistenza opposta dall’insegnate Mevia alle sue incessanti pressioni finalizzate all’ottenimento di favori sessuali, abbia fatto sì che la fattispecie incriminatrice in oggetto non si configurasse.
Tuttavia, non si però ignorare la circostanza per la quale l’atteggiamento dell’uomo sia stato idoneo e diretto in modo non equivoco a realizzare il reato di concussione che, invero, non si è consumato per cause indipendenti dalla propria volontà.
Per questa ragione, si deve ritenere che Caio si sia reso responsabile del delitto di concussione tentata ai danni di Mevia, considerato che anche i favori sessuali rappresentano una “utilità” perseguibile ai sensi e per gli effetti dell’art. 317 c.p.