Il dubbio alle Sezioni Unite. A chi presentare ricorso per Cassazione per saltum avverso una decisione o un’ordinanza dispositive di una misura coercitiva ex artt. 309 e 310 c.p.p.? Il dubbio sta nella corretta combinazione da attribuire alla norma speciale ex art. 311, c. 3, c.p.p. - «Il ricorso è presentato nella cancelleria del giudice che ha emesso la decisione ovvero, nel caso previsto dal comma 2, in quella del giudice che ha emesso l'ordinanza. Il giudice cura che sia dato immediato avviso all'autorità giudiziaria procedente che, entro il giorno successivo, trasmette gli atti alla Corte di Cassazione» – e a quella generale ex art. 582, comma 2, c.p.p. - Le parti private e i difensori possono presentare l'atto di impugnazione anche nella cancelleria del tribunale o del giudice di pace del luogo in cui si trovano, se tale luogo è diverso da quello in cui fu emesso il provvedimento, ovvero davanti a un agente consolare all'estero. In tali casi, l'atto viene immediatamente trasmesso alla cancelleria del giudice che emise il provvedimento impugnato. Per la seconda norma cit., sarebbe consentita al difensore la presentazione presso (la più comoda e vicina, vista la permanente cartolarità del procedimento) cancelleria del proprio tribunale. Le Sezioni Unite, però, giungono alla soluzione opposta.
La soluzione sconfessata e sostanzialista: il ricorso potrebbe essere depositato nella cancelleria del “giudice diverso” dal decidente. Vigente il principio di conservazione dell’atto e del favor impugnationis, sarebbe ammissibile anche il ricorso presentato a giudice diverso da quello che ha deciso, purchè pervenga nella cancelleria del giudice a quo. L’art. 311 c.p.p. sarebbe elasticamente integrato dalla disciplina generale vigente in punto di impugnazioni ex art. 582 c.p.p. Altrimenti, ragiona la sezione rimettente, si invarrebbe un’irragionevole disparità di trattamento fra ricorso per Cassazione cit. e il regime delle altre impugnazioni.
La soluzione rigida, derogatoria e vincente: la presentazione del ricorso è consentita nel solo luogo del giudice che ha emesso il provvedimento. Le Sezioni Unite ragionano nei termini di univocità del testo di legge, il quale non consentirebbe indebite fughe semantiche. La previsione del luogo d’impugnazione nella cancelleria del giudice a quo consentirebbe agli uffici di preparare con immediatezza il fascicolo d’ufficio (ex art. 164 disp. Att. c.p.p.) e soddisfa esigenze di celerità decisionale particolarmente rilevanti in caso di giudizi compressivi della libertà personale. Di seguito alla formazione del fascicolo, infatti, viene disposta ex littera legis l’immediata trasmissione a Roma dell’incombente. Confortano ulteriori ragioni sistematiche: quando ha voluto – v. art. 309, c. 4, c.p.p. – il legislatore ha espressamente invocato gli artt. 582 e 583 c.p.p., il cui richiamo è per l’intero assente nell’art. 311 c.p.p..
E il favor impugnationis? Non opera per gli adempimenti di cancelleria, bensì all’interno dei requisiti intrinseci e sostanziali dell’atto di impugnazione – se, ad esempio, deficitario in punto di specificità dei motivi del ricorso, l’applicazione del principio consente margini di maggiore tolleranza -.
Tuttavia, se il ricorso perviene comunque nei termini – dieci giorni ex art. 311 c.p.p. – nella cancelleria del giudice a quo, non è più inammissibile. Il difensore corre però il rischio che la cancelleria del giudice ad quem non trasmetta in tempo l’atto alla cancelleria del giudice a quo, non essendo prevista nell’art. 311 c.p.p. alcuna immediata trasmissione delle carte come nell’art. 582 c.p.p. In caso di soddisfo dei termini non opererebbe alcun pregiudizio alla rigida scansione temporale prevista dalla norma. Per altro, vige anche nel processo penale il principio di conservazione dell’atto, ai sensi degli artt. 156, comma 3, c.p.c. e 184 c.p.p..
Fonte: Diritto e Giustizia