La Corte d’Appello confermava la condanna in primo grado nei confronti di una società per l’illecito amministrativo dipendente dal reato di cui all’art. 256, comma 1, d. lgs. 3 aprile 2006, n. 152 con riguardo a «un’attività di recupero rifiuti non autorizzata e, in particolare, al deposito rifiuti in un’area non autorizzata prospiciente l’impianto da essa gestito». La società proponeva ricorso per Cassazione per «non essere stata rilevata l’improcedibilità dell’azione esercitata contro l’ente dopo l’intervenuta prescrizione del reato presupposto».
Alla società ricorrente venivano contestate «plurime condotte di illecita gestione dei rifiuti» per aver «effettuato attività di recupero in mancanza della prescritta autorizzazione, e per aver depositato nell’area prospiciente l’impianto di recupero rifiuti non autorizzata per tale attività» tre cumuli di rifiuti speciali.
Benché la sentenza impugnata abbia disatteso il gravame considerando la condotta di deposito e reputando trattarsi di reato permanente, osserva il Collegio come la condotta contestata al capo B d’imputazione (plurime condotte di illecita gestione dei rifiuti) vada qualificata come attività di recupero non autorizzata (messa in riserva) che rientra nel più ampio genere dello stoccaggio e deve essere autorizzata, pena la responsabilità per il reato previsto dall’art. 256, comma 1, d.lgs. 152 del 2006. (...)
Fonte: Diritto e Giustizia