Il Garante per la protezione dei dati personali ingiungeva ad una Regione il pagamento di una sanzione amministrativa pari ad € 20.000,00 per aver realizzato, in violazione del Codice di protezione dei dati personali, con una deliberazione la diffusione di dati personali con modalità non previste dalla legge. In particolare, veniva contestato il fatto di aver, con siffatta delibera, rese pubbliche le ragioni della messa in mobilità di un dipendente.
L'Ente regionale proponeva opposizione con cui domandava, previa sospensione dell'efficacia, l'annullamento oppure la revoca dell'ordinanza ovvero, in subordine, la riduzione o il contenimento della sanzione amministrativa, deducendo la manifesta contraddittorietà ed illogicità della motivazione dell'ordinanza-ingiunzione. Instaurato il contraddittorio, nella resistenza dell'Autorità garante per la protezione dei dati personali, il Tribunale competente confermava integralmente l'ordinanza-ingiunzione opposta, con condanna della Regione alla refusione delle spese processuali. A sostegno della decisione adottata, il Tribunale rilevava come la irrogazione della sanzione intimata era stata in specie preceduta da ampio dialogo e scambio di rilievi critici tra le parti, dapprima pervenuti al Garante per la protezione dei dati personali da parte di un dipendente della Regione il quale lamentava la persistente pubblicazione sul sito web istituzionale, nella sezione “Deliberazioni”, dei dati personali relativi a sé e contenuti in quella delibera avente ad oggetto la “mobilità per esigenze organizzative di un dipendente nell'ambito organico della Giunta regionale”. La delibera conteneva valutazioni esplicite sulla professionalità e sul contegno del soggetto segnalante. (...)
Fonte: Diritto e Giustizia