Niente licenziamento per il lavoratore che colleziona tante assenze e moltissime piazzate proprio a ridosso di giorni di riposo. Decisivo il mancato superamento del cosiddetto periodo di comporto. Irrilevanti i riferimenti fatti dall’azienda alla eccessiva morbilità del dipendente e ai problemi causati dalle numerose mancate presenze in servizio.
Riflettori puntati sul controverso rapporto tra Alitalia e un suo dipendente, messo alla porta per le troppe assenze.
Nello specifico, il lavoratore è stato licenziato perché, secondo quanto messo sul tavolo all’azienda, nell’arco di tre anni e mezzo «è stato assente per brevi ma ripetuti periodi di malattia per complessive 135 giornate lavorative» e tali assenze sono risultate «significativamente superiori rispetto alla media delle assenze del personale appartenente alla stessa categoria del lavoratore, risultando, peraltro, prevalentemente adiacenti a periodi di riposo».
La società ha anche sostenuto che la condotta tenuta dal dipendente ha «inciso negativamente sull'organizzazione aziendale e sui livelli di produzione del settore cui il lavoratore è stato assegnato, con effetti diretti e negativi sull'organizzazione dell'attività, sul dimensionamento dell'organico e sull'erogazione del servizio».
Nonostante tale quadro, però, i giudici di merito hanno ritenuto, sia in primo che in secondo grado, «nullo il recesso» poiché «intimato prima del superamento del periodo di comporto», con conseguente reintegrazione del lavoratore.
Inutile il ricorso proposto in Cassazione dal legale che ha rappresentato Alitalia. Definitiva, quindi, la vittoria del lavoratore (...)
Fonte: Diritto e Giustizia