Un imputato, accusato del delitto di lesioni volontarie e ritenuto responsabile del delitto di maltrattamenti in famiglia, ricorre in Cassazione deducendo, in particolare, la violazione del divieto di bis in idem.
La doglianza è fondata. Con la sentenza n. 200/2016, la Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 649 c.p.p., per contrasto con l'art. 117, comma 1, Cost., in relazione all'art. 4 del Protocollo n. 7 della CEDU, nella parte in cui, secondo il diritto vivente, «esclude che il fatto sia il medesimo per la sola circostanza che sussiste un concorso formale tra il reato già giudicato con sentenza irrevocabile e il reato per cui è iniziato il nuovo procedimento penale», chiarendo, in particolare, che «la Convenzione Europea impone agli Stati membri di applicare il divieto di bis in idem in base ad una concezione naturalistica del fatto, ma non di restringere quest'ultimo nella sfera della sola azione od omissione dell'agente. Il diritto vivente, con una lettura conforme all'attuale stadio di sviluppo dell'art. 4 del Protocollo n. 7 alla CEDU, impone di valutare, con un approccio storico-naturalistico, la identità della condotta è dell'evento, secondo le modalità con cui esso si è concretamente prodotto a causa della prima». (...)
Fonte: Diritto e Giustizia