Nel giudizio divorzile in appello, che si svolge, ai sensi della l. n. 898 del 1970, art. 4, comma 15, secondo il rito camerale, di per sé caratterizzato dalla sommarietà della cognizione e dalla semplicità delle forme, va esclusa la piena applicabilità delle norme che regolano il processo ordinario ed è quindi ammissibile l’acquisizione di nuovi mezzi di prova, in specie documenti, a condizione che sia assicurato un pieno e completo contraddittorio tra le parti.
È il principio affermato dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 27234/20, depositata il 30 novembre.
La Corte d’Appello di Firenze ha riformato parzialmente la decisione di prime cure che aveva dichiarato lo scioglimento del matrimonio contratto dai due coniugi, riducendo l’assegno mensile a favore della moglie. La decisione di seconde cure si fondava sulle diverse condizioni reddituali e patrimoniali dei due coniugi, anche in considerazione della capacità lavorativa della donna, elementi emersi dalla documentazione prodotta dall’ex marito in sede di appello.
L’ex moglie ha proposto ricorso in Cassazione.
La ricorrente lamenta error in procedendo in quanto la Corte territoriale avrebbe utilizzato ai fini della decisione documenti nuovi prodotti dalla controparte solo in seconde cure.
La doglianza risulta priva di fondamento. Il rito camerale previsto per l’appello avverso le sentenze di divorzio e di separazione concorsuale, proprio in virtù della sommarietà della cognizione e della semplicità delle forme, esclude la piena applicabilità delle disposizioni del processo ordinario. La giurisprudenza ha difatti ritenuto ammissibile anche una produzione documentale al di fuori dei limiti dell’art. 345 c.p.c., purchè sia rispettato il diritto al contraddittorio. Nel caso di specie, la ricorrente avrebbe potuto ampiamente controdedurre alla produzione documentale in sede di appello.
Ne consegue l’affermazione del principio secondo cui «nel giudizio divorzile in appello, che si svolge, ai sensi della l. n. 898 del 1970, art. 4, comma 15, secondo il rito camerale, di per sé caratterizzato dalla sommarietà della cognizione e dalla semplicità delle forme, va esclusa la piena applicabilità delle norme che regolano il processo ordinario ed è quindi ammissibile l’acquisizione di nuovi mezzi di prova, in specie documenti, a condizione che sia assicurato un pieno e completo contraddittorio tra le parti».
In conclusione, il ricorso viene respinto.
Fonte: Diritto e Giustizio