PROCEDIMENTO PENALE

Le Sezioni Unite sono state chiamate in causa per stabilire il limite di intervento della cd. confisca estesa

02 Dicembre 2020

Cassazione penale

La Corte di Cassazione torna ad occuparsi di un tema oggetto di frequente contenzioso: da un lato, per le rilevanti implicazioni dei provvedimenti ablatori, che spesso attingono ingenti ricchezze; dall’altro, a causa di un quadro normativo che si è evoluto con numerosi interventi, talvolta emergenziali, che hanno determinato una progressiva frammentazione delle disposizioni di riferimento.

 

Il caso. Il procedimento a quo riguarda da una misura esecutiva resa ai sensi dell’art. 240-bis c.p. (prima art. 12-sexies, l. n. 256/1992), adottata nei confronti di un soggetto che aveva riportato due condanne irrevocabili per cessione di sostanze stupefacenti: la prima, ad anni due e mesi nove di reclusione ed euro 20.736 di multa; la seconda, ad anni quattro e mesi sei di reclusione ed euro 38.000 di multa.
Ritenendo che fossero acquistati con i proventi dell’attività di spaccio, s’era provveduto alla confisca: di due appartamenti nella Marche, di un motociclo e di un’automobile acquistati direttamente dal condannato; di alcune unità immobiliari site in Bulgaria, di svariati depositi bancari e rapporti finanziari intestati alla moglie, dalla quale s’era separato – ma con cui, in base agli accertamenti svolti dalla polizia giudiziaria, continuava a coabitare stabilmente, con ciò rendendo puramente formale lo scioglimento del vincolo – e ad un’altra donna.
La competente Corte d’Appello, in funzione di giudice dell’esecuzione, aveva parzialmente accolto l’opposizione presentata dai prevenuti, disponendo la restituzione all’avente diritto di uno dei due appartamenti presenti sul territorio italiano e confermando, nel resto, le statuizioni del Primo Giudice. Aveva fondato la decisione, essenzialmente, sul rispetto del criterio della c.d. ragionevolezza temporale, che vincola a ritenere aggredibili beni disponibili sino al momento della irrevocabilità della pronuncia di cognizione relativa al reato-presupposto.
Interpongono ricorso per Cassazione avverso l’ordinanza di merito, per il tramite dei difensori di fiducia, tutti i destinatari della confisca, deducendo con le rispettive impugnazioni: error in procedendo, con conseguente nullità, della decisione per difetto della domanda del Procuratore generale, nonché per l’asserita trattazione camerale del procedimento, a fronte della richiesta di udienza pubblica; violazione di legge e plurime carenze motivazionali, circa la valutazione dell’asserito squilibrio patrimoniale; mancata assunzione di prova decisiva e vizio di motivazione, per non aver ammesso la deposizione di teste, del quale era stato prodotto il verbale delle dichiarazioni rese in investigazioni difensive, che avrebbe potuto spiegare la regolarità dell’assetto patrimoniale dei tre e l’assenza di intestazione fittizia di beni e, dall’altro lato, aver erroneamente considerato le dichiarazioni rese dai gestori dei locali nei quali una dei tre avrebbe lavorato nel corso del tempo, accumulando parte del denaro utilizzato per l’acquisto degli immobili.

L’ordinanza. La I Sezione – su parere (formalmente) difforme del Procuratore generale, che aveva chiesto l’accoglimento parziale – ritengono sussistente un contrasto in seno alla Corte di legittimità, meritevole d’essere risolto dall’intervento del Massimo Consesso interpretativo, che dovrà decidere, in ordine alla c.d. confisca estesa in fase esecutiva «se il potere di emettere la statuizione ablatoria possa essere esercitato in riferimento ai beni esistenti, e riferibili al condannato, sino al momento del passaggio in giudicato della sentenza di condanna o se, invece, debba limitarsi a quelli esistenti al momento della emissione della indicata sentenza, salva l’esistenza in tale seconda ipotesi, di evidente reimpiego di disponibilità finanziarie esistenti al momento della emissione della sentenza».
L’Estensore impiega buona parte dell’iter motivo per riepilogare i profili di merito della vicenda, la cui esposizione risulta indispensabile per poter trattare le doglianze difensive e, non di meno, giustificare la concreta rilevanza della questione sollevata.
Dopo aver dato conto succintamente dell’infondatezza di alcuni motivi di ricorso, quindi, premette alla rassegna dei diversi orientamenti di legittimità rinvenibili sul punto controverso, alcune note di carattere sostanziale, quali coordinate ermeneutiche utili per il prosieguo.

La confisca estesa dopo il passaggio in giudicato. In primis, il Collegio chiarisce come l’istituto debba operare in una prospettiva tanto dissuasiva, in attuazione di una presunzione (relativa) di provenienza illecita, quanto preventiva, come contrasto a nuove condotte devianti (in proposito, si cita Cass., SS.UU. Pen., 26/6/2014, n. 4880) e tali finalità si sono reputate conseguibili sia in via di prevenzione, quale misura di sicurezza atipica, sia nella «sede elettiva […] in un momento successivo al realizzarsi del requisito soggettivo di “condannato”» (vd. Cass., SS. UU. Pen., 30/5/2001, Derouach).
In quest’ottica, la consistente distanza temporale spesso intercorrente tra l’accertamento del reato e l’innestarsi della fase di esecuzione – vulnus rispetto al quale l’equità del procedimento è già stata a più riprese censurata in sede europea – rende certamente rilevante dirimere la discrepanza prodottasi tra le diverse letture esistenti.

Le contrapposte esegesi. Secondo una prima corrente, infatti, la natura qui (sostanzialmente) sanzionatoria della confisca imporrebbe di limitare l’arco temporale da prendere in esame per la sua irrogazione alla data della sentenza di condanna o ad acquisizioni posteriori che si dimostrino compiute con provvista già in possesso del condannato nel corso del primo grado (tra queste, Cass., Sez. I Pen., 23/1/2018, n. 9984 e, conforme, Cass., Sez. I Pen., 12/4/2019, n. 22820).
Di diverso avviso altri Collegi della stessa Sezione, per i quali il momento finale oltre il quale nessuna apprensione del patrimonio dell’interessato potrebbe legittimamente svolgersi dovrebbe coincidere con l’irrevocabilità della condanna, che consolida la presunzione di illecita accumulazione, con l’accertamento della responsabilità per le condotte con le quali si sarebbero prodotti i ricavi criminali (militano in questa direzione, ex multis, Cass., Sez. I Pen., 6/6/2018, n. 36499 e Cass., Sez. I Pen., 17/5/2019, n. 35856).

Conclusioni. L’ordinanza di rimessione, seppur articolata, riassume efficacemente le posizioni in campo, rispetto ad un interrogativo di evidente rilevanza pratica, aspetto che rende ancor più significativa l’attesa della risposta risolutiva.

 

Fonte: Diritto e Giustizia