FAMIGLIA

Il diritto di abitazione è un contratto atipico autonomo rispetto alla convenzione di separazione consensuale

05 Marzo 2021

Cassazione civile

Gli atti pubblici e le scritture private autenticate tra vivi aventi ad oggetto il trasferimento, la costituzione o lo scioglimento di comunione di diritti reali su fabbricati già esistenti, devono contenere, a pena di nullità, anche la dichiarazione resa in atti dagli intestatari; tale principio, tuttavia, non si applica agli accordi intervenuti anteriormente all’1.7.2010.  

 

Il caso. Il ricorrente conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale competente, la resistente al fine di sentire dichiarare la cessazione degli effetti civili del matrimonio ed accertare l’inesistenza del diritto di abitazione da parte della moglie sull’immobile di proprietà esclusiva del marito attribuito alla stessa in sede di separazione consensuale omologata con decreto, con conseguente condanna al rilascio e cancellazione della trascrizione del diritto di abitazione. Il Tribunale riteneva di non dover esaminare la domanda afferente al diritto di abitazione, e si limitava a pronunciare la cessazione degli effetti civili del matrimonio tra i coniugi. La Corte d’Appello, in parziale riforma della decisione di primo grado, riteneva andasse affrontata la domanda volta ad accertare l’inesistenza del diritto di abitazione in capo alla resistente; esaminata la stessa, la rigettava. Avverso la decisione della Corte d’Appello, l’appellante proponeva ricorso in Cassazione eccependo la violazione e falsa applicazione delle disposizioni in materia di trasferimento, costituzione o scioglimento della comunione di diritti reali su fabbricati già esistenti e, in particolare, dell’art. 29, comma 1-bis, l. n. 52/1985, come introdotta dalla l. n. 122/2010, che aveva convertito il d.l. n. 78/2010. Il ricorrente sosteneva che l’accordo di trasferimento dei diritti reali immobiliari, concluso tra i coniugi che si separano consensualmente poteva essere inserito nelle pattuizioni della separazione ma solo con la produzione di effetti obbligatori e non di quelli reali, per conseguire i quali è necessaria la stipula del successivo atto pubblico notarile, la cui inosservanza è sanzionata a pena di nullità.

Necessita la forma scritta per la trascrizione del diritto di abitazione. Per il primo motivo di ricorso, esaminato dai Giudici di legittimità, gli stessi hanno dichiarato l’inammissibilità della censura atteso che l’accordo pattuito tra i coniugi nel 2008, non può essere recepito dalla disciplina invocata dal ricorrente entrata in vigore successivamente, con la conseguenza dell’inapplicabilità dell’art. 29, comma 1-bis, l. n. 52/1985, al caso in esame, di guisa che la questione di forma proposta dal ricorrente per sostenere la tesi della natura meramente obbligatoria dell’accordo con il quale venne attribuito il diritto di abitazione alla resistente risulta priva di diretto rilievo. Infatti, la natura reale del diritto di abitazione attribuito alla moglie mediante accordo stipulato in forma scritta può essere costituito essenzialmente mediante testamento, usucapione o contratto ex art. 1350 c.c., in quest’ultimo caso è richiesta ad substantiam la forma dell’atto pubblico o della scrittura privata come avvenuto nel caso di specie (Cass. n. 4562/1190).

Diritto di abitazione quale contratto atipico. Con il secondo motivo, il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. ed assume la nullità della sentenza per omessa pronuncia sulla domanda di revoca di una delle clausole stabilite dai coniugi in sede di separazione consensuale ovvero la clausola del diritto di abitazione in favore della moglie. Sostiene che la pattuizione di cui si discute era una delle condizioni della separazione e non aveva attribuito alla resistente un diritto reale definitivo e irretrattabile, trattandosi appunto di un diritto costituito in sede di separazione ed in quanto tale, modificabile o revocabile. La Suprema Corte ritiene anche tale secondo motivo inammissibile, qualificando tale diritto come avente natura reale ossia non è un diritto a natura obbligatoria, sostitutivo dell’assegnazione della casa coniugale. Gli ermellini ne hanno ravvisato l’autonomia sulla scorta di una ermeneutica contrattuale attribuendo alla pattuizione natura di contratto atipico e non di condizione della separazione. Inoltre, si ritiene che la censura sia formulata in maniera generica mediante la prospettazione della personale interpretazione del ricorrente (Cass. n. 15350/2017).

In conclusione, i motivi di censura sono stati dichiarati inammissibili e nulla per le spese del presente giudizio in assenza di attività difensiva della resistente.

 

Fonte: Diritto e Giustizia