“Premessi brevi cenni sulla determinazione delle pene accessorie in materia di bancarotta fraudolenta (art. 216 L. Fall.) secondo una lettura costituzionalmente orientata, il candidato rediga motivato parere...”
Il delitto di bancarotta fraudolenta (ex art. 216 l. fall.) prevede, accanto alla pena detentiva, la sanzione accessoria della inabilitazione all’esercizio di una impresa commerciale e della incapacità di esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa, per la durata di anni 10. Pertanto, trattasi di pena accessoria determinata nel suo limite massimo; di qui è sorto il problema della sua determinazione nel caso concreto. Con una prima sentenza, nel 2014 le Sezioni Unite hanno affermato che, in assenza di una specifica determinazione da parte del Legislatore, la sanzione accessoria doveva essere commisurata nella sua durata alla pena principale inflitta, in applicazione dell’art. 37 c.p. Più recentemente, sempre le SU ritornate sull’argomento, hanno stabilito che il Giudice nella determinazione della durata della sanzione accessoria non deve applicare la regola dettata dall’art. 37 c.p., ma i criteri di cui all’art. 133 c.p., così prescindendo da ogni sorta automatismo, con riferimento al caso concreto.
Tale principio non vale solo per l’ipotesi prevista dall’art. 216 l.fall., ma è regola generale applicabile in tutti i casi in cui la legge stabilisca la durata della pena accessoria in misura non fissa tra un minimo e un massimo o indicando uno di essi [1]. La modificazione del precedente principio si è imposta anche perchè la Corte Costituzionale - con la decisione n. 222/2018 - ha dichiarata la illegittimità costituzionale dell’art. 216 ultimo comma nella parte in cui determina in misura fissa la durata della pena accessoria, stabilendo invece che la durata della pena accessoria sia da ritenersi “…fino” a 10 anni, così adoperando un’espressione che rende incompatibile l’applicazione dell’art. 37 c.p. summenzionato.
- Art. 216 l. fall., artt. 37 e 133 c.p.
- Cass. Pen. SSUU, 28 febbraio 2019, n. 28910
di Avv. Chiara Ponti
[1] La ratio del mutamento giurisprudenziale si rinviene nel fatto che la sanzione penale deve tenere conto delle condizioni personali del reo, sicché l’entità della sanzione deve essere commisura sempre, in tutte le sue componenti secondo le regole previste dall’art. 133 c.p.