In caso di irregolarità urbanistica di manufatti qualificabili come pertinenze dell’immobile oggetto di contratto di compravendita immobiliare, occorre valutare se tale difformità possa essere considerata parziale e quindi non preclusiva della possibilità di procedere con la richiesta della sentenza ex art. 2932 c.c.. Solo in caso contrario, potrà essere richiesta la risoluzione del contratto per inadempimento.
A seguito della stipula di un contratto preliminare di compravendita immobiliare, il promissario acquirente citava in giudizio la controparte per ottenere la declaratoria di nullità, inefficacia o risoluzione per inadempimento. Difatti, a pochi giorni dalla stipula del rogito notarile veniva a conoscenza di alcune irregolarità urbanistiche dell’immobile, circostanza per la quale non aveva proceduto al rogito ed aveva quindi agito giudizialmente.
Il Tribunale accoglieva la domanda di inadempimento dei promittenti venditori, condannandoli alla restituzione della caparra confirmatoria e al risarcimento dei danni. In sede di appello, veniva confermata la decisione e la condanna alla restituzione della caparra, escludendo il diritto al risarcimento dei danni.
La questione è giunta all’attenzione della Suprema Corte.
Con riferimento alla declaratoria di risoluzione del contratto per inadempimento, i promissari venditori lamentano la mancata valutazione della gravità dell’inadempimento stesso sottolineando che le irregolarità urbanistiche si riferivano ad alcune pertinenze e non all’immobile principale. La censura risulta fondata.
Ai fini della risoluzione del contratto, in caso di parziale o inesatto adempimento della prestazione, il giudice deve valutare la gravità dell’inadempienza tenendo conto del valore complessivo del corrispettivo pattuito in contratto, determinabile secondo un criterio di proporzionalità che la parte dell’obbligazione non adempiuta ha rispetto ad esso (cfr. Cass. Civ. n. 24003/04). Nella vicenda in esame, dove l’irregolarità urbanistica riguarda due manufatti qualificabili come pertinenze dell’immobile oggetto del preliminare, occorre valutare se la difformità di essi possa essere considerata parziale e non preclusiva della possibilità di procedere con la richiesta della sentenza ex art. 2932 c.c.. Ed infatti «in tema di esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto di compravendita, ai sensi della l. n. 47/1985, art. 40, può essere pronunciata sentenza di trasferimento coattivo ex art. 2932 c.c., a condizione che il vizio di regolarità urbanistica non oltrepassi la soglia della parziale difformità rispetto alla concessione, dovendosi distinguere, anche quando sia stata presentata istanza di condono edilizio con versamento della somma prevista per l’oblazione e la pratica, come nel caso del recesso del omissis, non sia stata ancora definita, tra ipotesi di abuso primario, relativo a beni immobili edificati o resi abitabili in assenza di concessione, e abuso secondario, caratterizzato dalla circostanza che solo una parte di unità immobiliare già esistente abbia subito modifica o mutamento di destinazione d’uso» (cfr. Cass. Civ. n. 8081/12 e n. 11659/18).
Per questi motivi, la Corte accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’Appello in diversa composizione.
Fonte: Diritto e Giustizia