Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 17138, depositata il 15 giugno 2023.
Il caso. La vicenda da cui origina la questione sottoposta all'esame della Suprema Corte riguarda il ricorso presentato da un disabile, invalido civile al 100%, avverso il Comune, che aveva posto nei suoi confronti «atti e comportamenti gravemente discriminatori», avendogli precluso di fruire, a causa dell'illecita presenza di barriere architettoniche, dell'accesso presso l'immobile acquistato nel 2000 dalla sorella con cui viveva stabilmente: nello specifico, il Comune aveva rilasciato una sanatoria e un permesso di agibilità sull'immobile, senza poi accertarsi di verificare la messa a norma dell'edificio.
La decisione della Corte. Il ricorso offre l'occasione alla Corte per analizzare le tre tipologie di discriminazione previste dall'art. 2 l. n. 67/2006: a) la c.d. "discriminazione diretta", quando una persona disabile viene trattata in modo diverso, in diritto o in fatto, rispetto a un soggetto abile; b) la c.d. "discriminazione indiretta", quando «una disposizione, un criterio, una prassi, un atto, un patto o un comportamento, apparentemente neutri, mettono una persona con disabilità in una posizione di svantaggio rispetto ai soggetti abili»; c) le molestie, ovvero i «comportamenti indesiderati, posti in essere per motivi connessi alla disabilità, che creino un clima di intimidazione, umiliazione, offesa o ostilità nei confronti della persona disabile». (...)
Fonte: Diritto e Giustizia