Nessuna via di fuga per la persona ritenuta responsabile degli abusi edilizi. Respinta la tesi difensiva mirata ad ottenere la non punibilità per particolare tenuità del fatto. Irrilevanti l’incensuratezza della imputata e il fatto che ella abbia demolito le opere prima dell’input in arrivo dal Comune.
Opere abusive buttate giù prima dell’ordine di demolizione in arrivo dal Comune. Ciò non è sufficiente, nonostante l’aggiunta della incensuratezza della persona sotto processo, a legittimare la non punibilità (Cassazione, sentenza n. 32684/20, depositata oggi).
All’imputata viene addebitata la realizzazione di alcune opere abusive, poi da lei stessa demolite.
In primo grado le accuse vengono ritenute prive di fondamento. In secondo grado, invece, su richiesta della Procura, ella viene condannata a «un mese e venticinque giorni di arresto» e «12mila euro di ammenda»
Col ricorso in Cassazione, però, il legale della stessa ipotizza «l’esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto». E in questa ottica osserva che i Giudici di secondo grado «nella determinazione del trattamento sanzionatorio definiscono le opere abusive di non rilevante gravità», e allo stesso tempo «per il positivo comportamento dell’imputata (che, peraltro, ha demolito le opere abusive prima dell’ordine di demolizione del Comune) e il suo stato di incensuratezza concedono anche la non menzione della condanna».
In sostanza, in Appello si è parlato di «fatti di lieve entità» e quindi, sostiene il legale, «deve essere applicato l’articolo 131-bis del Codice Penale».
Dalla Cassazione ribattono che sul fronte della ipotetica «particolare tenuità del fatto» dalla decisione di secondo grado può dedursi «l’esclusione della ricorrenza dei presupposti per l’applicazione dell’articolo 131-bis del Codice Penale». Ciò perché, in questo caso, «la pena irrogata in misura superiore al minimo edittale – due mesi due di arresto e 15mila euro di ammenda, ridotta per le circostanze attenuanti generiche e poi aumentata per la continuazione a un mese e venticinque giorni di arresto e 12mila euro di ammenda – fa implicitamente rilevare l’esclusione della particolare tenuità del fatto», osservano i Giudici del Palazzaccio.
In sostanza, «con l’irrogazione di una pena superiore al minimo edittale la Corte di Appello ha escluso (implicitamente) la particolare tenuità del fatto che richiederebbe (in teoria) una determinazione della pena inferiore al minimo edittale». E in questo caso «il trattamento sanzionatorio, superiore, in maniera rilevante, al minimo edittale, non risulta giustificato da elementi soggettivi (tutti positivi), ma solo da elementi rilevanti per la gravità oggettiva dei fatti», concludono dalla Cassazione, confermando la condanna emessa in Appell
Fonte: Diritto e Giustizia