REATO IN GENERE

La tentata estorsione mediante minaccia nei confronti della sorella non convivente è procedibile a querela, e non d’ufficio

15 Novembre 2019

Cass. pen., sez. II, 5 novembre 2019, n. 44863

Fattispecie
La Corte di Cassazione ha ribadito l’orientamento secondo il quale la causa di non punibilità e la condizione di procedibilità di cui all’art. 649, commi 1 e 2, c.p., si applicano anche alle ipotesi tentate dei delitti previsti dagli artt. 628, 629 e 630 c.p., se commessi in assenza di violenza alle persone; per contro, il soggetto agente è punibile e i reati de quibus sono procedibili d’ufficio, sia nella forma consumata che in quella tentata, laddove la sua condotta sia caratterizzata dalla violenza alle persone. Di conseguenza, la tentata estorsione mediante minaccia commessa nei confronti della sorella non convivente è procedibile a querela di parte, e non d’ufficio.
 
Istituti
o Art. 56 c.p. (Delitto tentato);
o Art. 629 c.p. (Estorsione);
o Art. 649 c.p. (Non punibilità e querela della persona offesa, per fatti commessi a danno di congiunti).
 
Massima giurisprudenziale
Cassazione penale, sez. II, 5 novembre 2019, n. 44863. L’art. 649 c.p., comma 2, prevede che i delitti contro il patrimonio commessi (anche) in danno della sorella non convivente con l’autore del reato (in caso di convivenza verrebbe meno la punibilità, ai sensi del comma 1 dello stesso articolo) sono procedibili a querela della persona offesa. Il reato di tentata estorsione mediante minaccia, commesso in danno della sorella non convivente, è dunque procedibile a querela.