Nel caso di attività medico-chirurgiche svolte in equipe, il dovere di vigilare e impedire eventuali errori od omissioni altrui opera solo per le attività non specialistiche, valutabili con le conoscenze del professionista di riferimento medio, mentre deve ritenersi escluso con riferimento ad attività che richiedono competenze settoriali, trovando in questo caso applicazione il principio dell’affidamento nel corretto comportamento tenuto da terzi.
Istituti
- Art. 42, comma 2, c.p. (Responsabilità per dolo o per colpa o per delitto preterintenzionale. Responsabilità obiettiva);
- Art. 43, comma 1, alinea 3, c.p. (Elemento psicologico del reato).
Cassazione penale, sez. IV, 12 luglio 2019, n. 30626
In tema di colpa professionale, in caso di intervento chirurgico in equipe, il principio per cui ogni sanitario è tenuto a vigilare sulla correttezza dell’attività altrui, se del caso ponendo rimedio ad errori che siano evidenti e non settoriali, rilevabili ed emendabili con l’ausilio delle comuni conoscenza scientifiche del professionista medio, non opera in relazione alle fasi dell’intervento in cui i ruoli e i compiti di ciascun operatore sono distinti, dovendo trovare applicazione il diverso principio dell’affidamento per cui può rispondere dell’errore o dell’omissione solo colui che abbia in quel momento la direzione dell’intervento o che abbia commesso un errore riferibile alla sua specifica competenza medica, non potendosi trasformare l’onere di vigilanza in un obbligo generalizzato di costante raccomandazione al rispetto delle regole cautelari e di invasione negli spazi di competenza altrui.